giovedì 18 luglio 2013

Manuel Antônio de Almeida. La ricezione di uno scrittore eccentrico

È possibile considerare la ricezione critica di Memórias de um sargento de milícias come un’ultima serie di peripezie – ancora in corso – del suo «memorabile» protagonista? Come forse direbbe Manuel Antônio de Almeida, che i lettori decidano in base a quanto leggeranno.

Origine, nascita, battesimo…
Inizialmente pubblicato sul supplemento domenicale del Correio Mercantil – “A Pacotilha” – tra il 27 giugno del 1852 e il 31 luglio del 1853, Memórias de um sargento de milícias diventa libro in due tomi (1854-55) per i tipi della Typographia Brasi-liense di Maximiano Gomes Ribeiro. L’autore, «Un brasiliano»; la materia prima, i racconti di Antônio César Ramos, ex sergente delle milizie, poi collaboratore del Correio Mercantil.
Primi incidenti…
Anche se ci sono pochissime notizie sull’immediata ricezione del romanzo, Bernardo Mendonça è in grado di affermare che la prima edizione in volume ebbe una circolazione piuttosto ristretta e che un numero consistente di copie non vendute sarebbe stato motivo di grande sconforto per Almeida, al punto da scoraggiarlo nella prosecuzione della scrittura di un secondo romanzo.
Bisognerà aspettare otto anni per una seconda edizione, già postuma (Almeida muore nel 1861). Nel 1863, lo scrittore Machado de Assis – all’epoca non ancora consacrato dalla genialità dei suoi romanzi – cura la revisione del testo di Manuel Antônio de Almeida per la terza edizione, osservando in un articolo che le Memórias sono ormai «rare e gelosamente custodite da chi ha la fortuna di possederne un esemplare». Da un lato, ci sono tutti i segni di un successo stentato, dovuto alla singolarità di un testo troppo distante tanto dal romanticismo sentimentale di un Joaquim Manuel de Macedo, quanto dall’indianismo di José de Alencar, che all’epoca si affermava come forma canonizzata di costruzione della nazionalità letteraria brasiliana.
Progressi, regressi…
Eppure, nonostante la mancanza di un successo conclamato, l’avventura della ricezione critica di Memórias de um sargento de milícias è appena cominciata: le edizioni si susseguono a ritmi ora blandi, ora serrati, così come giudizi, letture e riletture in cui l’entusiasmo è spesso stemperato da una perplessità persistente. Se si apprezza la vivacità delle scene del romanzo, se ne critica lo stile; se si valorizzano le colorite espressioni popolari, si censura la semplicità dell’intreccio. Come se qualcosa continuasse a mancare, o meglio, a non soddisfare pienamente i canoni di volta in volta richiesti all’opera letteraria.
Fortuna e chiarimenti…
È nel 1970, grazie a un memorabile saggio di Antônio Cândido, critico e storico della letteratura brasiliana tra i più autorevoli, che alle Memórias viene assegnato un posto ancora singolare, ma senza dubbio di eccellenza nel canone letterario brasiliano. Sulla via aperta da Darcy Damasceno, riprendendo e sfatando interpretazioni e analisi che puntavano sulla filiazione picaresca e sul carattere documentario del romanzo, Cândido rilegge le Memórias mettendone in rilievo i legami con la tradizione della comicità popolare e della produzione satirica brasiliana.
Scrive Cândido: «Leonardo non è un picaro, ereditato dalla tradizione spagnola, ma il primo grande malandro che fa la sua comparsa nella prosa brasiliana (…). Malandro che sarebbe stato elevato a simbolo da Mário de Andrade in Macunaíma».
La lettura in chiave dialettica di Cândido porta il critico brasiliano a individuare nel tipo letterario del malandro la rappresentazione di un’intera categoria di soggetti che non appartengono né alla ristretta classe dominante né a quella completamente subalterna degli schiavi e che si muovono costantemente tra il lecito e l’illecito, l’ordine e il disordine. Ed è il ritmo di questo movimento a rimandarci l’immagine letteraria delle dinamiche sociali brasiliane dell’epoca. 
La proposta contenuta nel saggio di Cândido – a sua volta fonte di dibattiti teorici e critici che trascendono l’analisi del romanzo – ha segnato gran parte delle successive riletture delle Memórias, integrate ora in una rete più vasta di fonti e in una tradizione di malandri memorabili quali Macunaíma di Mário de Andrade, o Serafim Ponte Grande di Oswald de Andrade, entrambi esponenti della lunga stagione del modernismo brasiliano. La rete di genealogie, legami ed echi ricostruita dall’analisi di Antônio Cândido, se da un lato sottrae il romanzo a una sorta di solitudine e incomprensione a cui pareva essere stato condannato, dall’altro ne rafforza il carattere eccentrico, per il suo tempo, e in certa misura marginale, per la visione che esprime. 
Si cambia vita…
Gli studi più recenti dedicati alle Memórias ne esplorano i molteplici aspetti, da quelli di carattere discorsivo, narratologico o più strettamente linguistico, a quelli di natura socio-culturale, relativi per esempio alla rappresentazione delle relazioni di genere.
Se la ricezione critica delle Memórias ha fatto per lo più emergere come marginale la classe rappresentata dalla figura di Leonardo, si potrebbero invitare «i lettori più attenti» di questa traduzione a cogliere nel romanzo tanto i silenzi quanto i rari momenti di agency dei soggetti completamente subalterni. Ascoltiamo allora, per esempio, il silenzio delle Bahiane, rara nota di folclore esotico del romanzo, che seppure oggetto dello sguardo e del desiderio maschili, fanno del corpo e dell’abbigliamento, nella descrizione dell’autore, possibili armi di esercizio di un potere. Proviamo ancora ad ascoltare il mormorio dei pettegolezzi – ce ne informa la madrina – che le ragazze a servizio di Donna Maria preferiscono alle preghiere insegnate dal maestro, o quella strana e ambigua confusione che fanno «gli schiavi di casa» all’uscita del corteo funebre per la morte di José Manuel.
Accusato anche di conclamata misoginia, espressa in diversi passaggi del romanzo, Manuel Antônio de Almeida sceglie però di affidare alle figure femminili sia la risoluzione di buona parte delle contrarietà che i protagonisti si ritrovano a dover affrontare, sia il compito di introdurre, attraverso atti di ribellione e anticonformismo, i vari punti di svolta della narrazione. La madrina, Donna Maria, Maria Regalada, così come la madre e la zia di Vidinha, funzionano spesso come veri aghi della bilancia, negoziando non solo favori e soluzioni per i due Leonardo, come la loro stessa identità sociale. Anche i lettori meno attenti avranno capito, a questo punto, che la storia non è ancora finita.

Jessica Falconi


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lunedì 8 luglio 2013

Roberto Bolaño dieci anni dopo

A dieci anni esatti dalla scomparsa di uno dei più importanti scrittori latinoamericani degli ultimi ventanni, il dibattito sulle sue opere è ancora aperto, o meglio, comincia appena a fiorire mostrando le infinite possibilità di analisi che i suoi lavori offrono.

Indice degli argomenti trattati in questo volume a cura di Alessio Mirarchi e Andrea Pezzè:

A proposito di Roberto Bolaño                                                  
Intervista a Patricia Espinosa H.                                        
A cura di Alessio Mirarchi e Andrea Pezzè

Sarah Pollack
America Latina (ri)tradotta:                                               
I detective selvaggi di Roberto Bolaño negli Stati Uniti d’America
Traduzione italiana di Alessio Mirarchi

Chiara Bolognese
Roberto Bolaño e i suoi personaggi: vite di stranieri in Europa
Traduzione italiana di Dajana Morelli

Fátima Nogueira
Oltre la leggenda Bolaño: un’opera critica verso le utopie umanistiche e i poteri socioculturali del postmodernismo
Traduzione italiana di Sara Palomba

Eugenio Santangelo
Inattualità spettrale dei detective selvaggi                       

Sebastián Figueroa
L’apparizione di Santa Teresa.
Il luogo del male in 2666 di Roberto Bolaño
Traduzione italiana di Valeria Tranzillo e Orsola Guarino

Antonio Coiro
Strategie della tensione in 2666 di Roberto Bolaño        

José Martínez Rubio
La ricerca incessante. Cinque procedimenti di indagine nella cultura ispanica contemporanea:
da Bolaño a Brizuela
Traduzione italiana di Stefano Iuliani


Recensioni     


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