giovedì 15 settembre 2011

L'Altra America, da dove tutto è partito

E' stato il primo libro pubblicato da Arcoiris, figlio dell'inesperienza ma anche della voglia di iniziare, partire con un progetto in cui credessi e con tanta voglia di crescere professionalmente. Sono passati quasi due anni da quando è uscito questo libro che in molte occasioni mi ha riempito d'orgoglio, che mi ha aperto nuove porte e fatto stringere nuovi contatti. Tutto nacque per caso nell'estate del 2009, quando lessi per la prima volta il blog di Antonio Pagliula, verosudamerica.com, e subito gli proposi di trasferire su carta quello che fino ad allora formava parte del suo blog. Antonio accettò subito con entusiasmo e mi propose di coinvolgere Piero Armenti, autore di notiziedacaracas.it. E così è partito questo viaggio che ci ha portato alla pubblicazione de "L'Altra America. Tra Messico e Venezuela, storie dell'estremo Occidente", libro al quale devo tutto quello (per ora poco) che ho potuto realizzare in ambito editoriale.
Qui di seguito ripropongo la recensione di Angelo D'Addesio del 23 novembre 2009 e che può essere letta anche su http://angelodaddesio.nova100.ilsole24ore.com/2009/11/laltra-america-dei-bloggere-non-chiamateli-nanetti.html  
Buona lettura 


L'altra America dei blogger... E non chiamateli "nanetti"

Due paesi di confine che guardano all’universo latino e sono a loro volta “osservati speciali” del colosso americano. Due blogger che raccontano la loro “America” ripercorrendo la loro esperienza pluriennale nel paese. Piero Armenti dal Venezuela ed Antonio Pagliula dal Messico con “L’Altra America - Tra Messico e Venezuela storie dell'estremo Occidente” edito da casa editrice Arcoiris Multimedia (acquistabile sul sito o nelle librerie ad € 12,00) dimostrano come semplici frammenti virtuali possano raccontare la storia recente di un paese e della sua gente. Si definiscono “nanetti” dell’informazione, ma hanno subito reclami e proteste, hanno saputo vedere sia l’estetica che la sostanza, segno che dal basso e fra la gente si vede molto più che dietro una scrivania. E’ l’America Latina 2.0 quella che torna su un libro ed i due autori ce ne spiegano motivi e retroscena, senza nominare (sopresa?) una sola volta le magiche parole "Chavez" e "narcos".
D. Il titolo del libro è “L’altra America”. Che cosa significa per voi questo titolo e cos’è per voi l’altra America alla luce dei paesi in cui vivete ed operate?
 
Piero Armenti: “L’altra America” non è di certo un termine nuovo, noi l’abbiamo scelto per sottolineare il contenuto sperimentale del libro, l’America “altra” perché raccontata dai blog, “altra” perché non è quella del Nord, ma è “altra” anche perché ha una sua autenticità, frutto di un percorso storico irripetibile che ha reso il Sud America il continente dove colonizzatore, autoctono e schiavo, sotto forme diverse (almeno in certe zone), hanno creato qualche cosa di nuovo, e non era accaduto mai né negli Stati Uniti né nell’India colonizzata dagli Inglesi, né in Africa.
Antonio Pagliula: Quando si parla di America generalmente ci si riferisce agli Stati Uniti, noi invece volevamo presentare tutt’altra realtà. Esiste appunto un’altra America, che non è quella conosciuta ed inseguita da sempre da noi italiani, non è quella dell’american dream, ma è ugualmente reale e rappresenta un altro tipo di sogno, agli antipodi degli Stati Uniti, con caratteristiche totalmente differenti.

D. Messico e Venezuela ovvero due paesi “al confine” sia logisticamente che politicamente. Quanto è stato determinante per costruire un libro al di là dei luoghi comuni e delle notizie di tutti i giorni?

Armenti: Messico e Venezuela rappresentano due paesi su cui si giocano partite importanti per il futuro, il Venezuela è una potenza energetica, da questo punto di vista è il paese più “mediorientale” dell’America Latina, non dimentichiamo che ha ispirato l’Opec. Il Messico rappresenta il problema per eccellenza negli Stati Uniti: la frontiera, gli emigranti, il narcotraffico. Non dimentichiamo che dal Messico è spuntato il subcomandante Marcos, il cui movimento ha anticipato in epoca di euforia neoliberale ciò che sarebbe avvenuto in futuro in tutto il mondo.
Pagliula: Il Messico è senza dubbio un paese al confine, rappresenta appunto l’Altra America. Il confine tra Messico e Stati Uniti marca una differenza sostanziale tra Nord e Sud, una sorta di muro di Berlino moderno che divide e separa realtà contrapposte. Basta vivere la vita quotidiana in Messico per superare facilmente i luoghi comuni e affrontare la realtà per quanto cruda e d’impatto possa essere.

D. L’immenso continente sudamericano potrebbe diventare un osservatorio speciale da cui poter estrarre idee, movimenti esportabili anche in altre parti del mondo?

Armenti: Forse un ritorno alla frugalità l’America Latina ce la può insegnare, magari non il Venezuela, ma penso alle Ande. Rampini nel suo libro Slow Economy sostiene che per il ritorno alla frugalità bisogna guardare all’Oriente, io credo che l’America Latina in più abbia anche una certa gioia “nella vita” che affascina molto chi arriva dall’Europa: si può essere felici con poco. Sembra un discorso troppo moralista, ma oramai se ne stanno convincendo tutti: è l’urgenza di questi anni sconfiggere il turbo-consumismo.
Pagliula: Se parliamo di movimenti sociali e politici, per quanto essi affascinanti ed interessanti,  non credo che siano esportabili alle nostre realtà. Quello che accade qui è figlio di queste terre, personalmente a me non piace lo spirito di chi vuole fare le rivoluzioni nel paese altrui o chi crede di poter importare questi movimenti o filoni politici. Le novità per cui l’America Latina è stata negli ultimi 10 anni un osservatorio speciale si devono a democrazie non ancora mature che permettono soluzioni differenti, quindi per quanto mi riguarda è giusto osservare bene cosa succede da questa parte del mondo a livello socio-politico ma sarebbe superficiale pensare di importarlo in altri continenti.
  
D. In numerosi capitoli-post del vostro libro parlate dell’italiano medio in fuga verso il sogno ed il paradiso sudamericano. Cosa direste a quell’italiano del vostro inferno e paradiso in America Latina?

Armenti: Che ne vale la pena. Lo diciamo sempre: lo si fa per se stessi. E’ un gesto di ribellione individuale contro la tristezza in cui annaspa l’Italia. Le economie avanzate si stanno scoprendo crudeli verso le nuove generazioni: noi siamo insoddisfatti e infelici. E d’altronde se studi architettura e poi finisci cassiere è normale sia così. Allora bisogna inventarsi traiettorie di vita nuove. In America Latina si può essere felici, se solo fosse un continente non violento sarebbe davvero un paradiso. Dal Messico all’Argentina.
Pagliula: Ci sono diversi tipi di immigrazione al giorno d’oggi, non è più come una volta. Sicuramente però lo consiglierei come esperienza di vita. Allo stesso tempo però metterei in guardia che di vero e proprio paradiso c’è poco, ripeto ci si specchia con povertà, violenza ed ingiustizia sociale, però l’America Latina ti dà la possibilità di tornare alla semplicità delle piccole cose, ai sorrisi per strada, ai rapporti interpersonali genuini e non forzosamente interessati. Ci si può ritrovare ad essere felici anche con poco, realtà che si contrappone alla europea di infelicità cronica, insoddisfazione sul lavoro, tristezza e scarse relazioni interpersonali.

D. Una provocazione. Se due blogger mettono nero su bianco ciò che hanno scritto sul web, dobbiamo considerarlo un gesto di riscatto del 2.0 (o 3.0) sulla carta stampata o l’ammissione che la visibilità in fondo viene sempre dal fruscio del libro?

Armenti: Di base c’è un’altra rivoluzione: la stampa digitale permette di abbassare i costi per stampare un libro, e quindi facilita prodotti sperimentali come il nostro. Volevamo semplicemente lasciare testimonianza di ciò che abbiamo visto e fatto. Non è un libro ambizioso, è un libro di formazione, con tutti i limiti. Io personalmente sto lavorando ad un grande lavoro sul chavismo, di tutt’altra caratura.
Pagliula: Il blog ha una forma di comunicazione immediata, day by day, però portato alla carta stampata assume continuità e riesce a far emergere altre sfaccettature anche sul pensiero dell’autore. Penso che le due forme di comunicazione non si escludono, poi alla fine per quanto mi riguarda si rimane blogger, il libro non era programmato, è stata una proposta di una casa editrice giovane che abbiamo accettato ed eccoci qua.

D. Ci sono tanti episodi, fatti di cronaca, storie inseriti nel vostro lavoro. Potreste raccontarci che cosa, presente oppure no nel libro, vi ha colpito particolarmente nella vostra esperienza nei rispettivi paesi durante questi anni?

Armenti: La costante latinoamericana: anche nei momenti più disperati, non si perde la speranza e si lotta. La mancanza di rassegnazione, che è anche una chiave che ha favorito la nascita dei movimenti.
Pagliula: Quoto la risposta di Piero, anche se con piccole differenze a seconda dei paesi e delle latitudini, posso dire che in America Latina non ci si rassegna davanti a nulla, a tutto c’è una soluzione e quasi mai ci si dà per vinti. Anche se in situazioni tristi e disagiate non si perde mai la speranza in un cambiamento.

D. Che cosa vorreste si dicesse del vostro libro dopo averlo letto fino all’ultima riga?

Armenti: Che ci sono spunti interessanti. Più in generale ci auguriamo che i rapporti tra l’Italia e l’America Latina si incrementino, ma per fare questo è necessario favorire l’approssimazione culturale. Per esempio credo sia utile dare borse di studio per permettere ai latinoamericani di conoscerci e viceversa.    
Pagliula: Che siamo riusciti a dare varie sfaccettature della realtà latinoamericana aiutando a superare qualche luogo comune e qualche pregiudizio. Sarebbe già tanto, non abbiamo la pretesa di insegnare nulla a nessuno ma solo di raccontare quello che abbiamo visto e vissuto.

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