martedì 25 ottobre 2011

Le Ande di casa nostra

"Oltre a nordafricani, asiatici o europei dell’est e dei Balcani, in Italia ogni anno giungono migranti anche da un altro sud del mondo, l’America Latina. Eppure dei latinoamericani nel nostro paese, ci si occupa quasi esclusivamente a proposito delle gang giovanili che turbano la quiete delle periferie di Genova, Torino o Milano. Ancora poco si sa della distribuzione insediativa e lavorativa, della nazionalità di provenienza, della composizione sociale. Del resto, che siano dominicani o peruviani, ecuadoriani o boliviani, poco importa. Sono tutti indistintamente latinoamericani, e, ragionando per stereotipi, ballerini o, in ogni caso, “portatori sani” della tradizione artistico-musicale del subcontinente. A fare chiarezza e a spiegare perché i paesi latinoamericani siano diventati di recente “espulsori” di emigranti e perché questi ultimi abbiano scelto proprio l’Italia (e l’Europa), provvede la ricerca di Maria Rossi Napoli barrio latino (Salerno, Arcoiris, 2011, pp. 255, € 12,00).
Da storica meta di immigrazione, l’America Latina si è trasformata negli ultimi decenni in area di emigrazione dapprima di tipo fronterizo (cioè tra paesi latinoamericani confinanti) ma, soprattutto, verso gli Stati Uniti e, poi, verso l’Europa “che da nuova frontiera della migrazione latinoamericana negli anni Novanta ne è diventata meta prediletta”. Se negli anni Settanta, infatti, l’emigrazione latinoamericana verso il vecchio continente fu in special modo di tipo politico (esiliati e rifugiati in fuga dalle dittature militari), “nel decennio successivo […] la presenza latinoamericana in Europa si è diversificata, innanzitutto aumentando in numero, […] ma soprattutto grazie al moltiplicarsi dell’immigrazione economica di cui si rendono protagonisti i rappresentanti della classe media in fase di impoverimento. Saranno proprio questi immigrati economici […] a dare vita alle prime esperienze di reti migranti, favorendo lo sviluppo di flussi che, negli anni Novanta e fino ai giorni nostri, diventeranno massivi”.
Sul piano dei fattori che motivano questa inversione di tendenza e l’accelerazione dei flussi la Rossi individua gli storici legami euro-latinoamericani, un patrimonio culturale e linguistico comune, l’irrigidimento in materia di immigrazione degli Stati Uniti dopo l’11 settembre 2001 e “la necessità [dell’Europa] di manodopera specializzata per alcuni settori dell’economia”, a cui si aggiunge l’azione sempre più capillare delle reti. L’emigrazione latinoamericana è imponente: il numero dei migranti nella regione è passato da 20 milioni nel 2000 a oltre 26 milioni cinque anni dopo (cioè il 13% della popolazione migrante mondiale). Di questi, all’incirca un paio di milioni si sono diretti verso l’Europa. Spagna e Italia sono in prima fila come mete migratorie europee.
Nel caso dell’Italia, secondo i dati Istat del 2008, i residenti latinoamericani sono circa 300.000 (cioè il 7,7% della popolazione immigrata). Per quanto concerne la loro struttura, l’autrice sottolinea che, nella fase attuale, “i principali paesi d’origine non sono più solo quelli della grande emigrazione italiana […] ma quelli dell’area andina i cui migranti partono soprattutto per ragioni economiche; la distribuzione per sesso vede il netto predominio femminile; sono aumentate le regioni interessate dalla loro presenza; e si sono moltiplicate le attività sociali delle singole comunità, segno di mobilità sociale ed accesso di visibilità. Da parte sua, la società italiana sembra aver riservato un’accoglienza privilegiata ai latinoamericani. L’atteggiamento che gli italiani hanno nei loro confronti è genericamente accogliente, benevolo e, chissà, anche partenalistico”.
La seconda parte del libro è dedicata alle migrazioni latinoamericane a Napoli e in Campania. Qui l’analisi dell’autrice si fa minuziosa e si avvale di numerose testimonianze orali. In questo quadro, viene anche individuato una sorta di case-study relativo al gruppo più numeroso, quello dei peruviani, di cui si descrivono tra l’altro, l’organizzazione associativa e le pratiche religiose. Emerge un affresco di grande vivacità, di accoglienza, di integrazione, di ibridazione culturale, (sebbene non manchino momenti di tensione) che, per certi versi, sembra stridere con il clima di intolleranza che attraversa l’Italia, contribuendo a fare di Napoli, almeno nel caso della comunità latinoamericana, un laboratorio di convivenza."
Raffaele Nocera, Le Monde Diplomatique n.7, anno XVIII, luglio 2011, p.22

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