venerdì 23 dicembre 2011

"La piena" di Carlos Dámaso Martínez

“Ancora una volta arrivavo a godere di un momento – come spiegarlo –, di una situazione sorprendente, quasi inattesa, ma che in qualche modo esisteva in me come un’impronta diffusa, come una bruma a lungo desiderata che, un po’ come l’oscillazione del tergicristallo, andava aprendosi a ondate su un sentiero che non aveva ancora un punto d’arrivo o una destinazione ben chiari”.

Con immenso orgoglio presentiamo “La piena” di Carlos Dámaso Martínez (titolo originale La creciente), primo volume della Collana Gli eccentrici diretta dal prof. Loris Tassi (docente di letterature ispanoamericane all’Università Orientale di Napoli), tradotta dallo spagnolo da Francesco Fava e Giulia Failla, con introduzione della prof.ssa María Cecilia Graña, docente di letterature ispanoamericane presso l’Università di Verona. La traduzione di quest’opera è stata resa possibile dal contributo del Programa Sur, indetto dal Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Argentina e che mira a diffondere la letteratura argentina in tutto il mondo.

Riportiamo di seguito alcuni passi dell’introduzione della prof.ssa María Cecilia Graña: “I racconti e i romanzi di Carlos Dámaso Martínez (Córdoba, Argentina) si muovono tra generi diversi e creano nella loro prassi narrativa la propria teoria. Dámaso Martínez costruisce un tessuto discorsivo originale che di solito si apre o viene innescato da qualche stimolo della realtà, si mescola con questioni autobiografiche, fa slittare i confini tra i generi e si lascia condurre o si distanzia da un insieme di letture legate all’argomento portante.
La piena è costituito da quattro racconti (“Come una visione”; “Il resoconto impossibile”; “Incontri velati” e “I giorni dell’Eden”) e una nouvelle (“La piena”) che apre il volume. La raccolta è di particolare interesse per il lettore italiano in quanto in alcuni racconti viene mostrato uno squarcio paesaggistico, sociale e linguistico della provincia argentina, altrimenti poco rappresentata nelle narrazioni tradotte in Italia. Inoltre la serie di testi, dalla struttura molto accurata, offre una modulazione peculiare del genere fantastico (genere del quale Carlos Dámaso Martínez si è occupato anche come critico), al quale le epigrafi fanno riferimento.
Di solito, la spazialità delle narrazioni si riferisce a Buenos Aires e Córdoba. Tra le due città appare una dialettica evidente in “La piena”, perché il narratore protagonista va e viene dai due luoghi; e, anche se in “Come una visione” lo spazio non è particolarmente identificato (sebbene ci siano indizi per dire che è Buenos Aires, perché si parla della «strada più lunga del mondo», cioè la Avenida Rivadavia), pure in esso si trova un condor che è stato portato da Córdoba. Invece in “Incontri velati” tutto avviene a Buenos Aires, e lo dimostrano i riferimenti concreti a quella città: la Plaza de Mayo, il Bar Británico, il Parque Lezama, la strada Necochea, l’Hospital Argerich. Ne “I giorni dell’Eden” siamo nelle sierras di Córdoba, spazio segnalato, nel racconto, da due toponimi: Cruz del Eje e La Falda.
La spazialità segna, come è stato detto, la curata composizione del volume La piena: «La lettura mette in evidenza un itinerario interno significativamente chiastico: il primo racconto si svolge nelle sierras cordobesi così come l’ultimo; il secondo e il penultimo sono ambientati a Buenos Aires e il terzo racconto, che occupa il centro del libro, sospende i riferimenti spaziali e mostra una zona geograficamente indefinita...».
È noto che la letteratura fantastica ritaglia la realtà che rappresenta a partire dal nostro mondo; ma quell’immagine crea uno scarto rispetto al reale così come lo conosciamo, scarto che il lettore avverte anche grazie allo sguardo di stupore, sorpresa o terrore dei personaggi o del narratore del testo. E quei testimoni di qualcosa che esula dal loro (e dal nostro) paradigma di realtà rimangono spaesati e afasici, molte volte incapaci di utilizzare l’unico strumento che potrebbe spiegare ciò che è indicibile. Ma il racconto fantastico è appunto una narrazione raccontata da chi ha assistito a qualcosa di strano, di bizzarro, di meraviglioso o di così impossibile che non riesce a farlo entrare in categorie conosciute.
All’atmosfera fantastica contribuisce nei racconti l’attrazione erotica esercitata dai personaggi femminili sui maschili, una sorta di incantamento ipnotico. Così l’erotismo si lega a una storia di iniziazione in un albergo elegante, che con il passare del tempo è diventato l’ombra di ciò che era nella Belle époque, mentre i protagonisti di quel ricordo sono intravisti oggi come dei fantasmi nella memoria del protagonista, ora adulto (“I giorni dell’Eden”). Qualcosa di simile succede in “Incontri velati”, perché l’incontro del protagonista con un amico dopo anni di distacco è sconvolgente, in quanto l’amico forse un desaparecido riappare come un Dorian Gray, uguale fisicamente a com’era anni addietro. Questo «spettro conservato nel ricordo», porta il protagonista a visitare una casa di strane dimensioni e forme, dove le stanze sono occupate da una variegata e surreale umanità.
Ne “I giorni dell’Eden” e “Incontri velati” la storia argentina preme dietro la narrazione: il peronismo nel primo racconto, la dittatura del ’76 nel secondo. Il passato, che sfuma nei ricordi di quello che era successo nell’albergo Eden, si introduce come un lampo nella mente del protagonista del secondo racconto, e allora tutto sembra un’altra cosa e la stessa: l’amico di oggi è come l’amico del passato, le facce di altri amici che lui gli presenta sono equivocamente come le facce di amici suoi che pure non ricorda più bene, le donne di una stanza sembrano prostitute anche se si dice siano attrici che stanno facendo le prove, e così via. Se il tempo degli avvenimenti fantastici, surreali o meravigliosi sembra sfumare nell’incertezza e nello sconfinamento, lo spazio dei due racconti è invece molto dettagliato e particolarmente referenziale: mentre la categoria di tempo diventa sempre più sfumata, quella dello spazio si concretizza sempre di più.
Come dicevo, il genere fantastico appare con una modalità diversa in “La piena”: un narratore omodiegetico riceve informazioni da diversi testimoni su un fatto soprannaturale e sui fenomeni a esso collegati, e la ricerca che ne consegue, a volte, mescola il fantastico con il poliziesco. La storia appare strutturata in un primo livello narrativo che si riferisce al momento nel quale si ricorda, e in questo ricordo si inseriscono diverse narrazioni secondarie, alcune in discorso diretto e altre in discorso indiretto, alcune che rispondono al principio di verosimiglianza interna e che si legano allo sviluppo “poliziesco” del racconto, e una che nel voler spiegare l’origine dell’evento fantastico diventa fabulazione esplicitamente finzionale, al punto che il narratore di essa, Aguilera, la definisce come “leggenda”. Risulta evidente che nella nouvelle, con la modalità caratterizzante i testi postmoderni, il fantastico si intreccia con altri generi (il poliziesco, il leggendario) citando esplicitamente il testo che ha fornito il motivo “straordinario”: Moby Dick.
Il fenomeno soprannaturale o strano non irrompe nella scrittura in maniera imprevista: lo scrittore lo inserisce molto gradualmente nella narrazione. Prima lo suggerisce in maniera indiretta, mostrando come il narratore si vedesse camminare nelle immagini televisive «lungo una superficie bianca e umida»; il lettore ancora non sa cosa sia quella superficie caratterizzata dal colore bianco e dall’umidità, ed è possibile che non presti attenzione a questo indizio, visto che il narratore sembra renderla analoga alla neve quando aggiunge che si vedeva «come un alpinista in cima a una montagna».
E dopo che l’eccezionale straordinarietà dell’evento va diluendo nella quotidiana organizzazione turistica l’aspetto sinistro che l’aveva connotata inizialmente, il narratore, attraverso una visione, sposta la perturbanza del fantastico alla risoluzione di un enigma poliziesco.
In Carlos Dámaso Martínez il genere fantastico si presenta modulando alcune varianti: se tutte le narrazioni, eccetto “Il resoconto impossibile”, si sviluppano dentro l’ambito familiare e conosciuto, ciò che è minaccioso e perturbante è come se in alcuni racconti si fermasse, proiettando soltanto un’ombra sulla soglia del paradigma del nostro mondo. Il genere fantastico implica il districare una matassa, dispiegare un groviglio la cui materia ha lasciato una serie di indizi perturbanti nella narrazione, sebbene questo dispiegamento porti non a una conoscenza, ma a un blocco conoscitivo. Tuttavia l’impulso narrativo che il fantastico ha dato allo sviluppo del racconto continua a funzionare, perché nella seconda parte del testo c’è uno spostamento dello sguardo del narratore verso un altro enigma, che inaugura un’indagine poliziesca
Attraverso questa maniera di portare avanti lo sviluppo narrativo di “La piena”, Carlos Dámaso Martínez mette in discussione le categorie tradizionali del fantastico, mentre con altri racconti (“Il resoconto impossibile”, “Incontri velati”) si sofferma su tematiche tradizionali del fantastico (come la vita nell’aldilà, il doppio e l’annullamento della temporalità), o piuttosto (ne “I giorni dell’Eden” e “Come una visione”) ravviva l’erotismo su cui si fondava un romanzo fantastico come Manoscritto trovato a Saragozza, lasciando il lettore su una soglia incerta tra il passato e il presente, la verità e la menzogna”.

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